Bandiera Rom

Bandiera Rom
Bandiera Rom adottata dal Congresso di Londra 1971

venerdì 9 agosto 2013

GUARDA E NON DIMENTICARE

Di Gabrio Taccani



Pioggia. Finalmente. Batte sui vetri, odora di umido. Scorre sulla pelle, per le strade in un dolce silenzio. Quello che trovi ad Auschwitz è un deserto che ti porti dentro per giorni. L’aridità del male che ha preso forma concreta, spropositata nella lucidità e nella quantità degli omicidi. Il male trasuda da quella terra. In quei boschi, in quel prato oltre i fili spinati e i resti delle baracche. Oltre le rovine delle camere a gas e dei forni crematori, nelle ceneri di centinaia di migliaia di esseri umani sparse dentro uno stagno, trasuda. Chiudi gli occhi un istante e provi ad immaginare i passi che hanno solcato quei terreni, mucchi di persone dirette alla morte, ma non ce la fai, non ci riesci è davvero troppo grande. Apri gli occhi e non ne vedi la fine. Filo spinato, fango oltre il limite del tuo sguardo. Non riesci a immaginare il rumore, non riesci a immaginare l’odore, le voci, gli sguardi, le grida. Vittime, carnefici, assassinii. Ciò che risulta davvero inconcepibile è l’idea di un posto predisposto per uccidere milioni di persone in poco tempo. La strutturazione industriale delle parole “ti uccido”. Donna, uomo, bambino. Uno, due, cento, mille. Un milione. Una metropoli sterminata ad Auschwitz.   A questa storia orrenda manca un tassello. Come se nella ricostruzione lo si fosse dimenticato. Forse perché è complesso dare ruoli completi nel pezzo di storia peggiore dell’umanità. O forse anche perché come soggetto vario e diviso il popolo rom ha avuto difficoltà a rivendicare con forza il riconoscimento della propria tragedia ad un livello storico globale. Il tassello mancante è quello del genocidio nazista dei Rom e dei Sinti in Europa. Il Genocidio Dimenticato. 
Bambina rom deportata. Per anni si è creduto che
si trattasse di una bambina ebrea.


Quanto la popolazione ebrea, il popolo Rom e Sinti ha vissuto la discriminazione razziale, ha vissuto l’odio, ha vissuto i ghetti, la segregazione, i pogrom. Poi, lo sterminio. Treni carichi di uomini, donne e bambini Rom e Sinti ammassati in carri bestiame, esecuzioni sommarie nelle strade e nei boschi, fosse comuni, Auschwitz, e decine di altri campi, le camere a gas e i forni crematori. Un triangolo nero e la Zeta di zingaro sul petto delle divise nei campi della morte. La Zeta di zingaro ed un numero tatuato sul braccio. Ad Auschwitz, Mengele volle capire come mai le donne zingare avevano un numero di parti gemellari superiore alla media. Sezionare bambini. Molti dei suoi esperimenti furono sulle  donne del "campo degli zingari" e sui loro figli. Il genocidio dimenticato conta 500.000 vittime. Il 2 Agosto del 1944 la sezione del campo di sterminio di Auschwitz dedicata agli “zingari” fu circondata dalle SS. Nelle settimane precedenti gli occupanti del campo avevano dato vita ad una ribellione di resistenza, armati di pietre e bastoni. Privi di forze, già quasi privi di vita i circa 4000 Rom e Sinti furono assassinati nelle camere a gas e cremati la notte stessa. Il 2 agosto il popolo Rom festeggia l’arrivo della metà dell’estate.

Un genocidio da cui nulla l’Europa ha imparato. 

Il riconoscimento ufficiale che un piano di sterminio studiato e programmato fu attuato dai nazisti contro la popolazione Rom e Sinti europea avvenne da parte della Germania soltanto nel 1982. Ciò che preoccupa è la constatazione di come sono trattati tutt’oggi i Rom e i Sinti in Europa; le condizioni di segregazione e discriminazione in cui si trovano a dover vivere. Se si può dire che (salvo estremismi) l’antisemitismo ai giorni nostri è sostanzialmente sconfitto, non è per nulla così per quanto riguarda la permanenza di un sentore “antizingaro” diffuso in maniera generica e stratificata nella popolazione dei vari paesi europei, spesso alimentato dalle politiche dei governi. In Europa Rom e Sinti sono di fatto trattati come persone di seconda categoria. Spesso vivono in condizioni di segregazione esclusi dall’accesso ai diritti di base dei cittadini ed in alcuni paesi addirittura esclusi dall’accesso alle cure sanitarie. Migliaia sono gli episodi di razzismo e violenza che si verificano nei confronti delle comunità Rom e Sinti: aggressioni, incendi delle abitazioni, marce e manifestazioni razziste che assumono i caratteri di veri e propri pogrom. E’ una lunga storia di pregiudizio e discriminazione, una linea che già in passato ha visto il passaggio dalla logica dell’esclusione a quella dello sterminio. Per questo è importante rompere il silenzio che domina sulla storia del genocidio Rom e Sinti e creare una memoria pubblica che faccia riconoscere quelli che sono i tratti fondanti che ne hanno permesso il verificarsi e che purtroppo ad oggi per alcuni aspetti sembrano in procinto di ripetersi. 

Dik I Na Bistar

Cammino ai bordi dello stagno e il mio piede affonda di pochi centimetri nel fango. Una rana verde, grossa quanto una moneta mi saltella gracidando sulla scarpa. Un brivido scorre gelido su per la spina dorsale. C’è una quiete surreale. Quel piccolo lago è davvero splendido, colmo di vita, l’erba verde rigogliosa attorno, i rami degli alberi mossi appena dal vento. In quelle acque torbide e serene giacciono le ceneri umane di centinaia di migliaia di esseri.“Probabilmente mia madre e mio padre sono qui in questo lago” dice nel suo discorso alla folla Zoni Weisz. E’ un Sinto, a sette anni è riuscito a fuggire da un carro bestiame che lo stava deportando ad Auschwitz. Cinquecento persone, Rom e Sinti e non. In piedi attorno a questo assurdo lago. Le facce sono per lo più giovani, e vengono da tutta Europa. Ognuna con una storia alle spalle. La bandiera verde e blu con la ruota rossa del carro sventola mentre Zoni parla e racconta. La quiete di questo lago. L’infuriare del genocidio sessant'anni fa. “Voi non potete neanche immaginare”


Una frase è stampata sulle magliette di tutti








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