Bandiera Rom

Bandiera Rom
Bandiera Rom adottata dal Congresso di Londra 1971

sabato 10 agosto 2013

DIK I NA BISTAR - GUARDA E NON DIMENTICARE

2 AGOSTO 2013 - Cracovia, Auschwitz-Birkenau

Quest'anno il 2 agosto non è stato un giorno di festa per RomAnticamente ma un giorno di ricordo e commemorazione delle 2897 persone – donne, bambini, uomini – le cui vite sono state crudelmente spente nelle camere a gas ed i cui corpi barbaramente bruciati nei forni crematori di Auschwitz-Birkenau. 
Grazie all'iniziativa di ternYpe International Roma Youth Network e Romà Onlus, finanziato dal EYF (European Youth Foundation) of Council of Europe, con l'altro patrocinio della presidenza al Parlamento Europeo e dell'Unar - Ufficio Nazionale contro le Discriminazioni Razziali, con la partecipazione di Rete Near e RomAnticamente, da Genova è potuta partire una delegazione di 5 persone per partecipare a quest'iniziativa importante: “DIK I NA BISTAR – GUARDA E NON DIMENTICARE”, a cui hanno partecipato 40 organizzazioni internazionali rappresentando 20 Paesi. Ringraziamo Seo Cizmic, che ci ha permesso di prendere parte a quest'esperienza che, indubbiamente, ci ha cambiato la vita. E' stato importante essere a fianco di oltre 400 persone, rom e non rom, per ricordare gli oltre 500.000 rom e sinti uccisi nei campi di concentramento, in quello che è stato il più brutale tentativo di decimazione di un popolo in nome di una delirante convinzione di superiorità di un'etnia sulle altre. 

                        

Vorremmo qui riportare, con alcuni pensieri e fotografie, un assaggio di ciò che ci è rimasto di queste giornate tanto intense e significative.


Di Sara More
Dopo questo viaggio vedo tutto diverso. Sento e percepisco in maniera diversa. Come se le anime delle milioni di persone bruciate in quei forni fossero entrate in me, mi avessero trapassato dentro, con le loro grida di dolore, la loro innocenza, la loro rabbia ed impotenza per non poter cambiare quell'inesorabile destino. 

Condividere questi 4 giorni a Cracovia con oltre 400 persone da 20 paesi diversi (Italia, Spagna, Francia, Germania, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Serbia, Bosnia, MAcedonia, Ungheria, Olanda, Belgio, Canada, Georgia....) mi ha fatto raggiungere una più piena consapevolezza. Sofferenza allo Stato puro, mista con rabbia e disgusto. Un mix di sentimenti che non si possono definire con facilità. Ma anche tanta speranza per il futuro, fiducia e voglia di prendere parte al cambiamento che vorrei vedere realizzarsi attorno a me.

                        

Entrare ad Auschwitz e vedere quello che hanno fatto, commemorare la morte di 500.000 Rom e Sinti ammazzati nelle camere a gas, assieme ai figli di costoro, è stata un'esperienza profonda. Sono così piena di pensieri e sensazioni che per riordinarli tutti mi ci vorrà del tempo. Di certo questo viaggio ha confermato il motivo che da sempre mi ha portato a non credere a tutto ciò che si dice su "gli zingari", al rifiuto di concepire questa gente come inferiore, al limite dell'umano. Entrando al museo dedicato a questo popolo ho potuto scoprire i volti di quelle persone che all'interno del campo erano diventati corpi inermi, privi di ogni individualità, corpi a strisce marchiati con un codice, come le bestie oggigiorno vengono marchiate, imprigionate ed infine condotte al macello per soddisfare le pance di un esiguo numero di ricchi sul pianeta. 
Prima della guerra queste persone erano perfettamente inserite nella società, mercanti, fabbri, musicisti, persino soldati dell'impero austro-ungarico durante la prima guerra mondiale, e campioni di pugilato tedeschi. 

Membri della fam. Schneeberger durante
un concerto negli anni '30

Soldati austriaci Sinti e Rom nella
Prima Guerra Mondiale
Donna Rom fioraia di Bucarest -
Musicisti e contadini rom rumeni.

Johann Trollman, campione di pesi massimi leggeri nel 1933.
Il titolo gli fu tolto alcuni giorni dopo per essere Sinto.
E' stato ucciso nel campo di concentramento di Neuengamme
il 9 febbraio 1943.

  


             
Famiglia rom ungherese, 1922
Musicisti rom dell'Arma ungherese - 19° secolo
Wilhelm e Marta Ernst ai tempi dell'impero. Wilhelm prese parte
alla I Guerra Mondiale come soldato.

Il popolo Rom è lo specchio su cui si guarda la nostra società, che riporta l'immagine che ha di sè stessa, nel negativo e nel positivo. Il popolo rom, nel suo vivere emarginato, escluso, ci insegna quanto sia malato l'essere umano. Dall'altra parte, il popolo rom, nel suo essere libero, nel suo essere scampato alla logica dei confini nazionali, rappresenta l'utopia dell'uomo libero. E quando un giorno questo popolo tornerà far parte attiva della società, quando finalmente il suo riscatto avverrà, ecco allora un passo in più verso la libertà dell'uomo. 
Soltanto quando volgeremo il nostro sguardo verso questo popolo e gli tenderemo la mano potremo riappacificarci con la nostra coscienza e voltare pagina verso un futuro di convivenza in nome della pace e del rispetto del Pianeta. Perchè il popolo rom che cos'altro è se non la coscienza dell'umanità smarrita nel delirio d'onnipotenza in nome di una scienza ed un progresso deviati?
L'olocausto non va negato ma ricordato sempre: scoprire la nostra storia è scoprire la cura per rimettere a posto il corpo mutilato dell'umanità. Il riconoscimento del popolo rom, della sua bandiera, del genocidio è la ricetta per uscirne. E non ci sono vie di mezzo: o viene ridata la dignità a questo popolo o ancora il nazismo odierno ci taglierà a pezzettini. Credo sia il passaggio fondamentale. E per ridare l'orgoglio a questo popolo è necessario lo sforzo congiunto di Rom e non Rom - zingari e gagè.

La chiave del futuro sta qui, ne sono certa perché l'ho sentito forte avendo avuto il privilegio di partecipare a DIK I NA BISTAR. L'ho vista soprattutto nelle nuove generazioni questa voglia di riscatto, per dimostrare al mondo che non esistono etnie di serie a e b ma persone e culture che hanno bisogno reciproco per sopravvivere e sbocciare in tutta la propria pienezza. 


LA COMMEMORAZIONE
Arrivare a Birkenau dopo la visita ad Auschwitz è come precipitare nelle tenebre quando credi di aver già attraversato tutto l'inferno. L'estensione di quel campo recintato è talmente ampia che l'impressione è che il filo spinato vada a bucare persino l'orizzonte. Birkenau d'agosto è cocente, e la vegetazione è rigogliosa e sgargiante di verde. 

  

Qualche centinaia di metri ci separano dalla boscaglia dove ebrei, rom, omosessuali, asociali, prigionieri politici aspettavano ignari la propria fine. Siamo in più di 400 persone e marciamo verso di essa con le bandiere del popolo rom; si tratta della bandiera verde e azzurra - terra e cielo - con una ruota rossa al centro a simbolizzare la libertà di un popolo che si riconosce in un'appartenenza al di là dei confini nazionali. Rom è una storia antica, che viene dall'India ma che sarebbe riduttivo circoscrivere ad essa perchè dall'India se ne andarono nel V secolo a causa delle incursioni degli Unni Bianchi o Eftaliti del centro-asia. E' stato un popolo viandante sì, che sempre ha saputo fare di necessità virtù adattandosi ai luoghi in cui si rifugiava, scappando dai conflitti in atto. Popolo che non ha mai preso parte ad una guerra, il quale destino è sempre stato deciso dalle vicende politiche e militari dei grandi imperi e degli stati nazionali. Cammino insieme a Rom provenienti da 20 paesi diversi e sento il dolore che la società in cui vivo ha inflitto loro, comprendo il disagio sociale a cui devono far fronte ancor oggi, la difficoltà del vivere con lo stigma dello "zingaro", del "randagio" appiccicatoglisi addosso come un tatuaggio indelebile. E comprendo la grande saggezza di un popolo che è riuscito a mantenere la propria lingua nonostante le persecuzioni subite, la propria dignità nonostante il mancato riconoscimento del loro genocidio nel processo di Norimberga, e l'umiltà di un popolo libero che forse esiste anche per ricordare all'"uomo moderno" il pericolo della schiavitù, della discriminazione, dell'intolleranza ed il valore della solidarietà e del rispetto. 
La nostra delegazione italiana non ha portato bandiere, mi guardo attorno e mi chiedo il perché... sarei molto orgogliosa adesso di portare la bandiera anche se non appartengo a questo popolo. Compare Graziano, rom bosniaco nato in Italia, e gli chiedo una spiegazione: "stiamo commemorando dei morti, il genocidio della nostra gente sì, ma questo olocausto riguarda tutti, non solo il nostro popolo...". 
Rom, genti libere... ora ne colgo davvero il senso. 


venerdì 9 agosto 2013

GUARDA E NON DIMENTICARE

Di Gabrio Taccani



Pioggia. Finalmente. Batte sui vetri, odora di umido. Scorre sulla pelle, per le strade in un dolce silenzio. Quello che trovi ad Auschwitz è un deserto che ti porti dentro per giorni. L’aridità del male che ha preso forma concreta, spropositata nella lucidità e nella quantità degli omicidi. Il male trasuda da quella terra. In quei boschi, in quel prato oltre i fili spinati e i resti delle baracche. Oltre le rovine delle camere a gas e dei forni crematori, nelle ceneri di centinaia di migliaia di esseri umani sparse dentro uno stagno, trasuda. Chiudi gli occhi un istante e provi ad immaginare i passi che hanno solcato quei terreni, mucchi di persone dirette alla morte, ma non ce la fai, non ci riesci è davvero troppo grande. Apri gli occhi e non ne vedi la fine. Filo spinato, fango oltre il limite del tuo sguardo. Non riesci a immaginare il rumore, non riesci a immaginare l’odore, le voci, gli sguardi, le grida. Vittime, carnefici, assassinii. Ciò che risulta davvero inconcepibile è l’idea di un posto predisposto per uccidere milioni di persone in poco tempo. La strutturazione industriale delle parole “ti uccido”. Donna, uomo, bambino. Uno, due, cento, mille. Un milione. Una metropoli sterminata ad Auschwitz.   A questa storia orrenda manca un tassello. Come se nella ricostruzione lo si fosse dimenticato. Forse perché è complesso dare ruoli completi nel pezzo di storia peggiore dell’umanità. O forse anche perché come soggetto vario e diviso il popolo rom ha avuto difficoltà a rivendicare con forza il riconoscimento della propria tragedia ad un livello storico globale. Il tassello mancante è quello del genocidio nazista dei Rom e dei Sinti in Europa. Il Genocidio Dimenticato. 
Bambina rom deportata. Per anni si è creduto che
si trattasse di una bambina ebrea.


Quanto la popolazione ebrea, il popolo Rom e Sinti ha vissuto la discriminazione razziale, ha vissuto l’odio, ha vissuto i ghetti, la segregazione, i pogrom. Poi, lo sterminio. Treni carichi di uomini, donne e bambini Rom e Sinti ammassati in carri bestiame, esecuzioni sommarie nelle strade e nei boschi, fosse comuni, Auschwitz, e decine di altri campi, le camere a gas e i forni crematori. Un triangolo nero e la Zeta di zingaro sul petto delle divise nei campi della morte. La Zeta di zingaro ed un numero tatuato sul braccio. Ad Auschwitz, Mengele volle capire come mai le donne zingare avevano un numero di parti gemellari superiore alla media. Sezionare bambini. Molti dei suoi esperimenti furono sulle  donne del "campo degli zingari" e sui loro figli. Il genocidio dimenticato conta 500.000 vittime. Il 2 Agosto del 1944 la sezione del campo di sterminio di Auschwitz dedicata agli “zingari” fu circondata dalle SS. Nelle settimane precedenti gli occupanti del campo avevano dato vita ad una ribellione di resistenza, armati di pietre e bastoni. Privi di forze, già quasi privi di vita i circa 4000 Rom e Sinti furono assassinati nelle camere a gas e cremati la notte stessa. Il 2 agosto il popolo Rom festeggia l’arrivo della metà dell’estate.

Un genocidio da cui nulla l’Europa ha imparato. 

Il riconoscimento ufficiale che un piano di sterminio studiato e programmato fu attuato dai nazisti contro la popolazione Rom e Sinti europea avvenne da parte della Germania soltanto nel 1982. Ciò che preoccupa è la constatazione di come sono trattati tutt’oggi i Rom e i Sinti in Europa; le condizioni di segregazione e discriminazione in cui si trovano a dover vivere. Se si può dire che (salvo estremismi) l’antisemitismo ai giorni nostri è sostanzialmente sconfitto, non è per nulla così per quanto riguarda la permanenza di un sentore “antizingaro” diffuso in maniera generica e stratificata nella popolazione dei vari paesi europei, spesso alimentato dalle politiche dei governi. In Europa Rom e Sinti sono di fatto trattati come persone di seconda categoria. Spesso vivono in condizioni di segregazione esclusi dall’accesso ai diritti di base dei cittadini ed in alcuni paesi addirittura esclusi dall’accesso alle cure sanitarie. Migliaia sono gli episodi di razzismo e violenza che si verificano nei confronti delle comunità Rom e Sinti: aggressioni, incendi delle abitazioni, marce e manifestazioni razziste che assumono i caratteri di veri e propri pogrom. E’ una lunga storia di pregiudizio e discriminazione, una linea che già in passato ha visto il passaggio dalla logica dell’esclusione a quella dello sterminio. Per questo è importante rompere il silenzio che domina sulla storia del genocidio Rom e Sinti e creare una memoria pubblica che faccia riconoscere quelli che sono i tratti fondanti che ne hanno permesso il verificarsi e che purtroppo ad oggi per alcuni aspetti sembrano in procinto di ripetersi. 

Dik I Na Bistar

Cammino ai bordi dello stagno e il mio piede affonda di pochi centimetri nel fango. Una rana verde, grossa quanto una moneta mi saltella gracidando sulla scarpa. Un brivido scorre gelido su per la spina dorsale. C’è una quiete surreale. Quel piccolo lago è davvero splendido, colmo di vita, l’erba verde rigogliosa attorno, i rami degli alberi mossi appena dal vento. In quelle acque torbide e serene giacciono le ceneri umane di centinaia di migliaia di esseri.“Probabilmente mia madre e mio padre sono qui in questo lago” dice nel suo discorso alla folla Zoni Weisz. E’ un Sinto, a sette anni è riuscito a fuggire da un carro bestiame che lo stava deportando ad Auschwitz. Cinquecento persone, Rom e Sinti e non. In piedi attorno a questo assurdo lago. Le facce sono per lo più giovani, e vengono da tutta Europa. Ognuna con una storia alle spalle. La bandiera verde e blu con la ruota rossa del carro sventola mentre Zoni parla e racconta. La quiete di questo lago. L’infuriare del genocidio sessant'anni fa. “Voi non potete neanche immaginare”


Una frase è stampata sulle magliette di tutti








DIK I NA BISTAR:

GUARDA E NON DIMENTICARE

martedì 6 agosto 2013

DIK I NA BISTAR! GUARDA E NON DIMENTICARE! Più di 400 giovani dall'Europa si ritrovano per commemorare il Genocidio Rom.



Da Ufficio Stampa RomAnticamente

Dal 30 luglio al 4 agosto 2013 si è tenuto a Cracovia un incontro internazionale organizzato da TernYpe - International Roma Youth Network - per ricordare il genocidio dei Rom e dei Sinti durante la Seconda Guerra Mondiale. Dall'Italia era presente una delegazione di oltre 40 persone da diverse città, appartenenti alle associazioni Romà Onlus (Roma), RomAnticamente (Genova), Romaonlus (Torino), supportate dall'Unar e dalla Rete Near. Seo Cizmic, mediatore culturale rom del campo di Molassana di Genova dichiara: “"E' importante essere uniti rom e non a ricordare un fatto doloroso e tragico di cui non è facile parlare, e che la storiografia ufficiale non si è mai preoccupata di divulgare. Sui libri di scuola non appaiono che poche righe e per questo abbiamo il dovere di raccontarlo alle giovani generazioni."

Grazie al contributo dell'EYF del Consiglio d'Europa, di TernYpe (Network internazionale di giovani Rom) e di altre associazioni internazionali, con l'alto patrocinio della Presidenza al Parlamento Europeo e dell'UNAR -Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, 450 giovani rom e non rom provenienti da 20 paesi si sono incontrati presso l'Universitá di Cracovia per discutere sul tema dell'Olocausto dimenticato dei Rom, per far luce su un capitolo della storia ancora oscuro, nella ferma convinzione che sia necessario ripartire da quei fatti per intendere la forte discriminazione che la popolazione Rom ancor oggi subisce in ogni parte d'Europa. Attraverso l'incontro con alcuni sopravvissuti all'Olocausto è stato possibile ripercorrere la storia del Genocidio e dell'antiziganismo nel passato e nel presente. Inoltre numerosi workshops e conferenze tenuti da professori, studenti e giovani attivisti, hanno permesso di approfondire lo studio dei meccanismi che portano allo stereotipo e alla discriminazione nonchè le metodologie più adatte per educare le giovani generazioni all'Olocausto e le strategie per smontare il linguaggio che fomenta l'odio e giustifica razzismo e discriminazione.

L'iniziativa "DIK I NA BISTAR” (Guarda e Non Dimenticare in lingua Romanì) si è fatta momento di studio e di scambio tra giovani rom di diversi paesi con il fine anche di rivendicare il riconoscimento ufficiale del Genocidio di più di 500.000 Rom in Europa e del 2 agosto come Giornata della Memoria del Genocidio Rom e Sinti durante la Seconda Guerra Mondiale. Il processo di Norimberga non si è occupato del loro sterminio se non con pochissime righe nella sentenza finale e la negazione del genocidio Rom e Sinto ha consentito al Governo della nuova Germania di non risarcire le vittime di questo popolo. La Germania Ovest ha riconosciuto questo sterminio soltanto nel 1982, seguita dal Parlamento polacco che nel 2011 ha approvato una risoluzione per il riconoscimento ufficiale del 2 agosto come Giornata della Memoria. Nel 2012 anche il Parlamento Europeo ha discusso una dichiarazione per il riconoscimento di questo giorno tanto atroce in quanto, in una sola notte, sono stati condotti alle camere a gas e bruciati 2897 uomini, donne e bambini rom. L'intento è che, per il 2014, nel settantesimo anniversario di quei fatti, tutti i paesi europei arrivino al riconoscimento ufficiale.

La condizione dei Rom e Sinti in Europa oggi continua ad essere di subalternità e segregazione, ancora schiavi di un pregiudizio così fortemente installato nella società, tanto da venire spesso assunto dagli stessi rom, incapaci di far fronte all'ondata d'odio e disprezzo verso cui sono obbligati a scontrarsi ogni giorno. L'Italia purtroppo è l'unico stato dell'Europa occidentale che continua a mantenere vive le politiche dei campi; non-luoghi di segregazione di persone che di fatto non sono nomadi da secoli e che non desiderano vivere in quelle condizioni di precarietà e arretratezza. Sebbene molte famiglie vivano in casa, ottengano titoli di studio e lavorino onestamente, evitano di dire di essere rom. Ad oggi il tasso di scolarizzazione della popolazione rom italiana è tra i più bassi d'Europa. “Se vivi in un campo isolato dalla città, con una doccia per 20 famiglie, e ti devi alzare alle 5 per riuscire ad arrivare a scuola ordinata ed in tempo, come puoi restare al passo con la classe? Ogni persona si merita di stare in una casa e non in un campo” spiega Ivana di Torino.
“La memoria è il ponte tra il passato, il presente ed il futuro” ricorda Agnieszka Kozlowska-Rajewicz, ministro polacco per le pari opportunità, ed è stato questo lo spirito con cui centinaia di giovani si sono incontrati a Cracovia, preoccupati per la nuova ondata di razzismo e xenofobia che sta invadendo di nuovo l'Europa. “L'unica maniera per combattere l'odio e la discriminazione è l'educazione” aggiunge Zoni Weisz (Sinto scampato alla deportazione quand’era bambino) “e sono orgoglioso di vedere tutti questi giovani fieri delle proprie origini e con tanta voglia di migliorare questa società”.